Sono figlia della generazione del
dopoguerra. Mia nonna paterna fu rifugiata in un paese della Sicilia,
Mascalucia, durante la Prima Guerra Mondiale. Mio nonno Italo rinchiuso per due anni
in un campo di prigionia a Berlino, in Germania, durante la Seconda.
Italo faceva parte dell’Associazione
degli Ex-Internati, che organizzava anche attivita’ di sensibilizzazione nelle
scuole: sentivamo dalle bocche dei nostri nonni le storie della Guerra, delle
corse nei rifugi antiaerei, della mancanza di cibo e di sicurezza. Dei lavori forzati e della vita nelle baracche infestate dagli insetti, senz'acqua ne' cibo. A noi bimbi
friulani venivano mostrate le trincee della Grande Guerra e i monumenti ai
caduti come la ferea scalinata di Redipuglia, mentre respiravamo l’aria della cortina di ferro, circondati ovunque da caserme e giovani militari
provenienti da ogni parte d’Italia.
I vecchi ci insegnavano il valore
delle cose che noi, seconda generazione nata “dopo la Guerra” ci potevamo
permettere. Avevamo case sicure, cibo in abbondanza e la proiezione verso un’Europa
che ci vedeva tutti cittadini di un unico continente, e non piu’ avversari sul
fronte.
I vecchi ci insegnavano il valore
della vita, che loro erano riusciti a salvare e a ricostruire dopo lunghe
sofferenze e privazioni.
Ma la storia, si sa, si muove in
cerchi e ora che quei vecchi sono morti, anche i loro insegnamenti sembra si
siano dissolti nel nulla.
I nipoti dei sopravissuti dei
campi di sterminio nazisti rinchiudono IiPalestinesi in prigioni a cielo aperto
e li sottopongono ad ogni tipo di violenza, privazione e sopruso; i nipoti degli Italiani
sopravissuti alle Guerre Mondiali hanno perso il valore della vita umana ed inneggiano alla morte. I
governi continuano a trafficare armi, a minacciare guerre e a chiudere accordi
internazionali che di fatto sanciscono tortura e morte per migliaia di uomini,
donne e bambini. Indiscriminatamente.
Nell’ignoranza e nel caos che ci
portano a vedere l’altro non come un fratello ma come un nemico fioriscono gli
attacchi di odio: le bombe esplose nelle gelaterie di Bagdad in una serata di
Ramadan, i camion assassini sulle folle di turisti, le sparatorie ai concerti,
gli accoltellamenti nei supermercati, gli ordigni nei treni.
Nel non riconoscerci come anime
incarnate nei corpi umani, condividiamo il breve percorso che ci e’ dato su
questa terra nel terrore, nell’odio, nel disprezzo, nel desiderio di sterminio
di chi solo in apparenza e’ diverso da noi.
Chi persegue cammini di pace,
impegno civile e civico, di fratellanza e sorellanza davanti alla quotidianita’
del terrore e’ annichilito e non sa piu’ come reagire.
Dobbiamo trovare un modo per non
dargliela vinta. Per coagulare e raggrumare le forze contrarie a quelle dell’odio,
perche’ in realta’ siamo ancora in tanti ad indignarci e ad alzarci tutte le
mattine con l’obiettivo di “restare umani”.
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