Sunday, July 09, 2006

Beirut, Libano

Ho deciso. Prendo un giorno di ferie e vado in Libano con Jo. Lui deve lavorare, io posso godermi Beirut e la sua atmosfera. Dal Cairo a Beirut il viaggio è di circa un'ora e mezza. Arriviamo in Libano verso le 4 del pomeriggio ma saremo liberi di uscire dall'aeroporto solo alle 6.30. Jo sta usando il suo passaporto egiziano e viene relegato nel ghetto di coloro che hanno un passaporto verde finchè non riesce a provare che staremo in casa di amici. Il poliziotto che si occupa di queste pratiche è presuntuoso ed arrogante: urla alla gente, sbatte i passaporti a terra e minaccia di rispedire Jo al Cairo. Io sono già fuori. Una volta risolto l'inghippo prendiamo un taxi e andiamo verso Midan Riadh El Solh. Le strade sono nuove e scorevoli e non so perchè, ma a tratti ho l'impressione di essere a Torino. Forse vedo l'influenza francese, chi lo sa.
Il paesaggio è puntellato di gru, l'opera di ricostruzione dopo la guerra è stata massiccia ed estremamente efficace.

Il centro è completamente nuovo, con portici in stile europeo, strade pedonali e modernissimi caffè all'aperto che servono birra, sushi, pasta, gelati. Se non fosse per le nubi di fumo della shisha (che qui si chiama narghila) crederei davvero di essere in Piazza Castello. O quasi.

All'ora di cena ci dirigiamo verso la Corniche di Raouche, il quartiere dove soggiorniamo. Stanchi ed affamati ci rifugiamo nel ristorante El Dar (la casa) non uno dei posti migliori della città...pazienza! Dormiamo senza condiziontore: la brezza marina arriva fino alla nostra finestra. Beirut è incredibile: incastonata tra il mare ed i monti.

Arriva il primo giorno: momento per me di godermi lo shopping. Non compro nulla da più di due mesi, Cairo inibisce totalmente la mia già labile voglia di compere.
Qui però in quattro e quattr'otto ci si ritrova in via Verdun. Si può fare colazione al Pain Quotidien con una scodella di caffelatte, pane rustico (biologico) e marmellate di ogni tipo (dalla classica albicocca alla mela e cannella). O optare per un più americano Starbucks. Poi ci si può tuffare tra maglie ed appendini di Mango, Zara e Benetton.

Da lì a Downtown si può prendere un taxi. Strano come la maggior parte dei taxi abbia l'insegna di sbiego, per essere facilmnte riconoscibili dagli eventuali clienti. Infatti non hanno uno specifico colore, sono auto normali (spesso vecchieMercedes) che effettuano il servizio per individui (taxi) o in condivisione (service). In alternativa c'è sempre l'autobus.
In tutta la zona di Downtown si possono trovare caffè e ristoranti. Memoires du Chine con eleganti statue cinesi in vetrina, la Posta, Famous Pizzazz.Noi ci mangiamo una pizza da Scoozi, che come antipasto porta del filone francese a fette ed una ciotola di buon olio di oliva in cui inzuppare...

Nel pomeriggio cerco di fare qualche foto qua e là, ma mi è vietato transitare in alcune vie da soldati armati. Gentili e sorridenti sì, ma pur sempre armati. Ce ne sono tanti, ovnque e decido quindi di tornare a casa.

Alla sera ci dirigiamo verso il quartiere di Gemmayzeh per assaggiare il cibo armeno da Mayrig (notevole il kebab di carne con composta di ciliegie) e per bere una birra accompagnata da shisha e backgammon e musica libanese al caffè Gemmayzeh, risalente all'epoca ottomana.
Si capisce dalla sfilza di alcolici di essere in un quartiere cristiano. Sì, perchè Beirut è ancora una città divisa da un punto di vista religioso. Certo è facile vedere una chiesa accanto ad una moschea, ma la famosa "linea verde" che separava i quartieri cristiano e mussulmano è ancora presente.

Gemmayzeh vale la pena anche di giorno. Alle volte mi sembra un po' Padova con i portici, i negozi di pittura e telefonini e gli innumerevoli locali, in bilico tra pasta e sushi.
Da lì si può camminare verso il quartiere di San Nicola attraverso la scalinata (di San Nicola appunto) conosciuta anche con il nome di Daraj El-Fen (la scalinata degli artisti) per le opere d'arte che spesso vi vengono esposte. San Nicola è un quartere moderno, sembrerebbe pure ricco (qui si trova ad esempio la gioielleria Tiffany).

Da lì si può agilmente raggiungere Downtown a piedi e andare a mangiare qualcosa in centro.
Con il caldo (che però supera raramente i 30 gradi ed è sepre mitigato dalla brezza marina) è ottimo il frappè al caffè di Starbucks. Bomba calorica ma vera gioia per il palato!!

Se ancora resta qualche soldino in tasca si può andare verso Ras Beirut e l'Università Americana (AUB) dove un grazioso negozio, l'Artisan du Liban, fornisce simpatiche idee regalo (per raggiungere il negozio chiedete dell'hotel Routana, che è proprio lì vicino).



Infine il mare, bello e profumato di vegetazione selvaggia come solo il Mediterraneo può essere. Mi sembra di essere nel Salento...

































1 comment:

Anonymous said...

Maremma come mi piacerebbe andarci anche a me!!! Mi piacerebbe scoprire se ci sono dei particolari di Firenze che risaltano anche in Beirut... Peccato che ora c'è la guerra e l'hanno mezzo distrutto!!!! Ma io sono con il Libano!!!! Sicuramente verrà ricostruito benissimo come è già successo in passato!!! Si sa gli arabi sono troppo ganzi...