Sunday, December 04, 2011

Messaggio del ministro della cooperazione - Andrea Riccardi

Personalmente diffido molto dell'idea tradizionalmente italiana di forte matrice cristiana per cui la cooperazione è volontariato, carità ed aiuto ai bisognosi, sul modello dei missionari armati di amore per il prossimo e dello strumento di evangelizzazione. Questa concezione crea una distorsione secondo cui chi fa questo mestiere lo fa per spirito caritatevole e buona volontà, e pazienza se spesso non ha gli strumenti per farlo. Non a caso a me capita di incontrare persone che si meravigliano che io percepisca "addirittura" uno stipendio. Questo lavoro è una missione, andrebbe fatto gratis, no? Io credo che questo sia un mestiere che richiede alte capacità professionali e morali; capacità d'adattamento, conoscenza delle lingue e delle culture, skill tecnici specifici. Non ci si improvvisa e non serve a nulla fare i "volontari" con tanta buona volontà e spirito di sacrificio. Per questo il discorso di Riccardi, di cui riporto degli stralci, a tratti mi preoccupa. Mi fa piacere che l'Italia abbia un Ministro per la Cooperazione, ma temo che le basi di partenza siano anacronistiche, ma concordo sulla spinta verso la ricostruzione dell'"alfabeto di un partenariato genuino", oltre che ad una rivitalizzazione della società civile italiana, anche attraverso l'erogazione di nuovi fondi (attualmente in pieno stallo). 


"Come sapete bene, dalla metà degli anni Novanta in poi, l'aiuto allo sviluppo dell'Italia è stagnante. Siamo ben lontani dall'obiettivo europeo del 0,5 per cento o di quello dell'ONU dello 0,7 per cento. L'anno scorso abbiamo raggiunto un minimo storico (0,15 per cento del PIL) finendo al penultimo posto nella classifica dei donatori, davanti solo alla Corea. Per il 2012, a legislazione vigente, le previsioni sono di un ulteriore ribasso: soltanto lo 0,12 per cento. Questo è il punto di partenza che ci troviamo  ad affrontare sul versante delle risorse.  In questo quadro di crisi, attingere alle radici profonde dell'impegno volontario e della libertà dell'azione cristiana e umana può liberare nuove energie. Se infatti i tagli al bilancio hanno penalizzato l'azione pubblica, non possiamo permetterci, come italiani a vocazione universale, di "tagliare" alcunché del nostro impegno e del nostro legame con il mondo in via di sviluppo, che va ben oltre la valorizzazione di quelle scarse risorse pubbliche che il sistema delle ONG è chiamato è gestire.Occorre riflettere seriamente su come rimodulare l'aiuto pubblico allo sviluppo del nostro Paese. Solo in questo modo parole che si sono svuotate di significato (sussidiarietà, complementarietà, sistema-paese), ritroveranno la loro forza. A questo proposito, ritengo che l'istituzione di un Ministero "dedicato" per la cooperazione internazionale e l'integrazione sia un'occasione di maggior impegno anche per tutta la società civile, chiamata a fare un salto di qualità nel senso dell'efficacia, dell'impatto, della trasparenza e della capacità propositiva. In questo contesto vi considero essenziali nel compito di sensibilizzare l'opinione pubblica, per ritrovare  -  proprio in un momento di crisi in cui sembrerebbe più giustificato pensare a sé  -  le ragioni e la saggezza dell'aiutare chi è lontano e chiede sostegno. Va inoltre rilanciato il binomio pace-sviluppo. Molto spesso gli aiuti non funzionano nei cosiddetti "paesi fragili". (...) Vorrei sottolineare in particolare il capitale di legame con il Sud del mondo, e in particolare con l'Africa, che voi rappresentate, e che valorizzato in ogni modo. C'è bisogno anche di ritrovare, con i partner del Sud, le ragioni della fiducia che alle volte si sono perse per stanchezza, sospetto reciproco, presenza di partner alternativi (i paesi emergenti), nuove ideologie come l'ownership a tutti i costi. C'è bisogno di ritrovare l'alfabeto di un partenariato genuino, nel rispetto reciproco, dove il dialogo costruttivo non deve farci paura. Conto sul vostro contributo attivo di idee e di proposte, anche a livello tecnico per ribaltare un'immagine negativa e penalizzante della cooperazione italiana allo sviluppo, restituendole credibilità, coerenza e soprattutto una missione."

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