Tuesday, October 09, 2012



"Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano". Antonio Gramsci

Guardo con un occhio semiaperto le discussioni infinite all’interno della scena politica italiana attuale. Scremando gli scandali, le Ruby e le Minetti, cerco di capire dove si è inceppato il meccanismo e come si potrebbe uscire da questa situazione oramai surreale.
Partiamo dalla mentalità italiana e dal triangolo bene pubblico, clientelismo ed individualismo. Parlando con un danese mi colpì la sua frase secondo cui la maggiore differenza culturale tra scandinavia ed Italia era che lassù il bene comune è più importante di quello privato ed è dunque più facile vedere aree comuni tenute benissimo rispetto a spazi privati ( incluse le stesse abitazioni). Provate ad atterrare a Copenaghen o Oslo partendo da Fiumicino e la cosa vi sarà sicuramente chiara. 

Italia bene comune” è lo slogan attuale del PD. Dal sito, si ricava che lo slogan in questione è declinato in mille modi diversi: bene comune è consapevolezza, cambiamento, ricostruire il patto sociale, remare tutti insieme, istruzione, i figli e la storia, ed infine, la pazienza. Eppure basta uno sguardo in giro, in una città come Roma, ad esempio, per capire che gli spazi comuni, l’interesse comune non sono affatto la priorità per il cittadino medio italiano. Il suo io viene prima di tutto, i suoi diritti ingigantiti al punto da occupare a suo piacimento gli spazi comuni, buttare l’immondizia a terra, beffeggiare la raccolta differenziata, parcheggiare sulle strisce, riempire di poster ridondanti muri e pareti, urlare e girare lo sguardo indifferente, davanti a tutto.
Davanti al caos che imperversa nell’interregno del pubblico, il cittadino smarrito si guarda attorno attonito e viene imbottito di parole fintamente persuasive dai rappresentanti dei partiti politici. Sì, i partiti. Quelli che alla fine tendono ad incanalare nel sistema clientelare i personaggi più assurdi, generalmente non adatti a ricoprire cariche pubbliche e spesso pronti ad arraffare a destra e a manca, sicuri della loro impunità. Ecco, lo ammetto: penso che la struttura dei partiti sia un problema nell’attuale sistema italiano. Sogno che i normali cittadini con idee vere e senza il mito della poltrona che a mo’ di polipo tende i suoi tentacoli per sistemare amici e parenti possano candidarsi e mettere a disposizione il loro tempo e le loro capacità nella gestione del suddetto bene pubblico; che è quello che scrive il PD, ma non solo. Il bene pubblico per me è il tentativo di migliorare la qualità della vita dei cittadini: sono le città a misura d’uomo, è un ambiente protetto, è un sistema sociale forte ed efficiente, è una scuola che diventa fucina di idee, una sanità che cura e non uccide, un mondo a misura di bambino e rispettoso delle mamme e degli anziani, una società che accoglie e valorizza lo straniero, in cui la corruzione sia minima ed i lavoratori rispettati. E in cui la politica nel senso attuale del termine non continui ad essere finanziata in maniera vergognosa con fondi pubblici sperperati e mal gestiti. 

Secondo Max Weber, «per partiti si debbono intendere le associazioni costituite al fine di attribuire ai propri capi una posizione di potenza all’interno di un gruppo sociale e ai propri militanti attivi possibilità per il perseguimento di fini oggettivi e/o per il perseguimento di vantaggi personali»: i partiti fungono da mediatori tra i cittadini e lo Stato, ma la loro strategia principale è l’occupazione di cariche elettive. La gestione del bene comune non sembra essere il principale obiettivo del partito; il fatto che l’articolo 49 della Costituzione italiana dichiari che "tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale" non significa secondo me che questa sia l’unica forma che i cittadini hanno per partecipare alla politica nazionale. In fondo, c’è anche l’articolo 2 della Costituzione che recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. 

Penso dunque ai movimenti, alla politica dal basso, e a forme innovative non ingessate a modelli politici obsoleti che costituiscono dei catenacci potenti contro un’evoluzione moderna della società. In un recente dibattito a cui ho assistito al Festival di Internazionale a Ferrara, è stato chiesto all’antropologo americano David Graeber, l’anti-leader del movimento Occupy Wall Street, perché questa tipologia di movimento non ha attechito in Italia. Graeber non ha saputo dare una risposta, ma dal pubblico qualcuno ha fatto un’analisi a mio avviso corretta: per questo tipo di movimenti semplicemente non c’è spazio in Italia. Le manifestazioni sono sempre politicizzate e spesso strumentalizzate da partiti e sindacati. Com’era nel ’68 ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen. Anche le proteste studentesche seguono lo stesso modello di quelle dei padri, anzi quasi dei nonni. Ed evidentemente non portano a nessun risultato concreto se non a simpatici happening in cui i ragazzi, a suon di musica, tamburi e vecchi slogan perdono una mattinata di lezioni.  
Lo stesso discorso vale per le grandi manifestazioni, che in Italia sono quelle organizzate dai sindacati, dove alla fine tutti convogliano, sotto le bandiere di FIOM, CGL, CISL e UIL. E qualche sparuta bandiera rossa che ci sta sempre bene. 

Conosco persone che credono nell’impegno civico, a cui vogliono sinceramente dedicare tempo libero e risorse. Sono una di queste persone. Ma il fatto che una mia possibile vita politica si debba necessariamente incanalare in una dottrina di partito, da abbracciare a priori come un dogma mi disturba. E questo mi priva di una possibile vita politica. Ho aderito ad associazioni che fanno bandiera di un impegno civico fondato su valori quali il merito, la trasparenza e la responsabilità come RENA; mi guardo attorno e mi informo ma non so come esprimere la mia voglia di dare un contributo per vedere un’Italia più simile al Paese che vorrei per me e per tutti. 

Partecipazione attiva. Cittadinanza attiva. Sviluppo sostenibile. 

“Ma la causa vera di tutti i nostri mali, di questa tristezza nostra, sai qual è? La democrazia, mio caro, la democrazia, cioè il governo della maggioranza. Perché, quando il potere è in mano d'uno solo, quest'uno sa d'esser uno e di dover contentare molti; ma quando i molti governano, pensano soltanto a contentar se stessi, e si ha allora la tirannia più balorda e più odiosa; la tirannia mascherata da libertà.” Luigi Pirandello.

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