"Odio gli indifferenti.
Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non
essere cittadino e partigiano". Antonio Gramsci
Guardo con un occhio semiaperto
le discussioni infinite all’interno della scena politica italiana attuale.
Scremando gli scandali, le Ruby e le Minetti, cerco di capire dove si è
inceppato il meccanismo e come si potrebbe uscire da questa situazione oramai
surreale.
Partiamo dalla mentalità italiana
e dal triangolo bene pubblico, clientelismo ed individualismo. Parlando con un
danese mi colpì la sua frase secondo cui la maggiore differenza culturale tra
scandinavia ed Italia era che lassù il bene comune è più importante di quello
privato ed è dunque più facile vedere aree comuni tenute benissimo rispetto a
spazi privati ( incluse le stesse abitazioni). Provate ad atterrare a
Copenaghen o Oslo partendo da Fiumicino e la cosa vi sarà sicuramente chiara.
“Italia bene comune” è lo slogan attuale del PD. Dal sito, si ricava
che lo slogan in questione è declinato in mille modi diversi: bene comune è
consapevolezza, cambiamento, ricostruire il patto sociale, remare tutti
insieme, istruzione, i figli e la storia, ed infine, la pazienza. Eppure basta
uno sguardo in giro, in una città come Roma, ad esempio, per capire che gli
spazi comuni, l’interesse comune non sono affatto la priorità per il cittadino
medio italiano. Il suo io viene prima di tutto, i suoi diritti ingigantiti al
punto da occupare a suo piacimento gli spazi comuni, buttare l’immondizia a
terra, beffeggiare la raccolta differenziata, parcheggiare sulle strisce, riempire
di poster ridondanti muri e pareti, urlare e girare lo sguardo indifferente,
davanti a tutto.
Davanti al caos che imperversa
nell’interregno del pubblico, il cittadino smarrito si guarda attorno attonito
e viene imbottito di parole fintamente persuasive dai rappresentanti dei
partiti politici. Sì, i partiti. Quelli che alla fine tendono ad incanalare nel
sistema clientelare i personaggi più assurdi, generalmente non adatti a
ricoprire cariche pubbliche e spesso pronti ad arraffare a destra e a manca,
sicuri della loro impunità. Ecco, lo ammetto: penso che la struttura dei
partiti sia un problema nell’attuale sistema italiano. Sogno che i normali
cittadini con idee vere e senza il mito della poltrona che a mo’ di polipo
tende i suoi tentacoli per sistemare amici e parenti possano candidarsi e
mettere a disposizione il loro tempo e le loro capacità nella gestione del
suddetto bene pubblico; che è quello che scrive il PD, ma non solo. Il bene
pubblico per me è il tentativo di migliorare la qualità della vita dei
cittadini: sono le città a misura d’uomo, è un ambiente protetto, è un sistema
sociale forte ed efficiente, è una scuola che diventa fucina di idee, una
sanità che cura e non uccide, un mondo a misura di bambino e rispettoso delle
mamme e degli anziani, una società che accoglie e valorizza lo straniero, in
cui la corruzione sia minima ed i lavoratori rispettati. E in cui la politica
nel senso attuale del termine non continui ad essere finanziata in maniera
vergognosa con fondi pubblici sperperati e mal gestiti.
Secondo Max Weber,
«per partiti si debbono intendere le associazioni costituite al fine di
attribuire ai propri capi una posizione di potenza all’interno di un gruppo
sociale e ai propri militanti attivi possibilità per il perseguimento di fini
oggettivi e/o per il perseguimento di vantaggi personali»: i partiti fungono da
mediatori tra i cittadini e lo Stato, ma la loro strategia principale è l’occupazione
di cariche elettive. La gestione del bene comune non sembra essere il
principale obiettivo del partito; il fatto che l’articolo 49 della Costituzione
italiana dichiari che "tutti i cittadini hanno diritto di associarsi
liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la
politica nazionale" non significa secondo me che questa sia l’unica forma
che i cittadini hanno per partecipare alla politica nazionale. In fondo, c’è
anche l’articolo 2 della Costituzione che recita: “La Repubblica riconosce e
garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento
dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
Penso dunque
ai movimenti, alla politica dal basso, e a forme
innovative non ingessate a modelli politici obsoleti che costituiscono dei
catenacci potenti contro un’evoluzione moderna della società. In un recente
dibattito a cui ho assistito al Festival di Internazionale a Ferrara, è stato
chiesto all’antropologo americano David Graeber, l’anti-leader del movimento
Occupy Wall Street, perché questa tipologia di movimento non ha attechito in
Italia. Graeber non ha saputo dare una risposta, ma dal pubblico qualcuno ha
fatto un’analisi a mio avviso corretta: per questo tipo di movimenti semplicemente
non c’è spazio in Italia. Le manifestazioni sono sempre politicizzate e spesso
strumentalizzate da partiti e sindacati. Com’era nel ’68 ora e sempre nei
secoli dei secoli. Amen. Anche le proteste studentesche seguono lo stesso
modello di quelle dei padri, anzi quasi dei nonni. Ed evidentemente non portano
a nessun risultato concreto se non a simpatici happening in cui i ragazzi, a
suon di musica, tamburi e vecchi slogan perdono una mattinata di lezioni.
Lo stesso discorso vale per le
grandi manifestazioni, che in Italia sono quelle organizzate dai sindacati, dove
alla fine tutti convogliano, sotto le bandiere di FIOM, CGL, CISL e UIL. E
qualche sparuta bandiera rossa che ci sta sempre bene.
Conosco persone che credono nell’impegno
civico, a cui vogliono sinceramente dedicare tempo libero e risorse. Sono una
di queste persone. Ma il fatto che una mia possibile vita politica si debba
necessariamente incanalare in una dottrina di partito, da abbracciare a priori
come un dogma mi disturba. E questo mi priva di una possibile vita politica. Ho
aderito ad associazioni che fanno bandiera di un impegno civico fondato su
valori quali il merito, la trasparenza e la responsabilità come RENA; mi guardo
attorno e mi informo ma non so come esprimere la mia voglia di dare un
contributo per vedere un’Italia più simile al Paese che vorrei per me e per
tutti.
Partecipazione attiva. Cittadinanza
attiva. Sviluppo sostenibile.
“Ma la causa vera di tutti i
nostri mali, di questa tristezza nostra, sai qual è? La democrazia, mio caro,
la democrazia, cioè il governo della maggioranza. Perché, quando il potere è in
mano d'uno solo, quest'uno sa d'esser uno e di dover contentare molti; ma
quando i molti governano, pensano soltanto a contentar se stessi, e si ha
allora la tirannia più balorda e più odiosa; la tirannia mascherata da libertà.”
Luigi Pirandello.
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