Tuesday, November 20, 2012

Another brick in the wall

"Nel 1980 scrissi Another Brick in The Wall, pezzo che venne censurato in Sud Africa perchè cantato dai bambini neri in difesa del loro diritto ad una pari educazione. Venticinque anni dopo, nel 2005, i bambini palestinesi che partecipavano ad un festival in Cisgiordania, usarono la canzone per protestare contro il muro dell’apartheid israeliano. Cantavano "We don’t need no occupation! We don’t need no racist wall!".

Un anno dopo, nel 2006, presi accordi per esibirmi in Israele, a Tel Aviv. I Palestinesi del movimento per il sostegno al boicottaggio culturale ed accademico contro Israele mi esortarono e riconsiderare l’ipotesi. Mi ero già espresso contro il muro, ma non ero convinto che un boicottaggio culturale fosse la strada giusta da percorrere.

I Palestinesi a favore del boicottaggio mi proposero di visitare i territori palestinesi occupati, così che io potessi vedere il Muro, prima di prendere una decisione. E io accettai.
Visitai Gerusalemme e Betlemme, sotto la protezione dell’ONU. Ma niente avrebbe potuto prepararmi a quello che vidi quel giorno.

Il Muro è una costruzione orribile da vedere. È sorvegliato da giovani soldati israeliani che trattarono me, un osservatore casuale proveniente da un altro mondo, con sprezzante aggressività. Se era stato così per me, uno straniero, un visitatore, figuriamoci come avrebbe potuto essere per i Palestinesi, per le classi più povere, per chi ha solo un lasciapassare.

Capii allora che la mia coscienza non mi avrebbe permesso di voltare le spalle al muro, al destino dei Palestinesi che avevo incontrato, persone le cui vite sono schiacciate quotidianamente in mille modi dall’occupazione israeliana. Per solidarietà, benché da impotente, quel giorno scrissi sul muro “We don’t need no thought control."

Realizzando a quel punto che la mia tappa a Tel Aviv avrebbe involontariamente legittimato l’oppressione di cui ero stato testimone...cancellai il mio concerto allo stadio di Tel Aviv."

Roger Waters

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