Tuesday, November 13, 2012

Impressioni sul dibattito per le primarie del centrosinistra



Un confronto “all’americana” dove si è fatto continuamente riferimento a modelli impostati in altri Paesi europei. “Come fanno in Francia”, “come si fa in Germania”. Delle domande molto generiche a cui rispondere in un minuto e mezzo. Fronte comune di partito, e forse il confronto effettivamente non c’è stato. Non ho trovato il dibattito di ieri sera tra i 5 candidati alla primarie del PD particolarmente illuminante. Alle domande pseudo – progressiste sui diritti delle donne e dei gay, a cui i candidati hanno ovviamente detto di voler dare il giusto spazio, sono emersi come esempi di riferimento papi e cardinali, in una visione chiaramente vecchia e statica di una società buonista. Insomma, ho avuto l’impressione di aver ascoltato tante buone parole, dal sapore alle volte stantio, ma molti pochi punti programmatici veri. Prendiamo l’estero, ad esempio: nessuno ha parlato della riabilitazione del ruolo dell’Italia all’estero. Se si riconosce il ruolo avuto nel passato nella costruzione dell’Europa, non si è parlato dell’ora, di come l’Italia si possa ricostruire una credibilità seria, dopo gli anni di derisione a cui ci aveva portato il berlusconismo. E non lo dico solo per questo: il ruolo internazionale è fondamentale anche nella ripresa dell’economia, della competitività delle nostre imprese e, alla fine, a quel mondo del lavoro che è sì un diritto costituzionale, come dice Renzi, ma che non piove dal cielo e deve essere costruito. Insomma, nessuno ha chiarito come pensa di rendere l’ambiente conducive, come si dice nel mondo anglosassone, affinché le imprese possano fiorire nell’era globale. E no, “tecnologia” e “start up” detti così non sono la panacea ai mali della nostra economia, è evidente che ci vuole qualcosa di più e quel quid in più dal dibattito non mi sembra sia emerso.
Io un candidato preferito tra  i cinque ce l’ho, ma resto sempre un po’ delusa da questo approccio all’italiana mascherato dalla scenografia all’americana: alla fin fine, siam tutti buoni e amiconi, e le discussioni finiscono a tarallucci e vino.

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