Monday, December 09, 2013

Và pensiero...



Và pensiero Storie ambulanti è un film che apre gli occhi, anche a chi crede di averli già aperti. Un film che fa guardare negli occhi dei protagonisti di una cronaca che spesso ci lascia indifferenti, o appena tiepidi. 

"Firenze, spari contro senegalesi. Estremista fa due morti e si uccide". 
Dopo l'immediato cordoglio, non ci si ricorda più del fatto; senza un film come questo in pochi ne avrebbero conosciuto i protagonisti. E invece, dietro a questo titolo, c'è un giovane uomo che a distanza di anni deve ancora fare riabilitazione e che giornalmente cura le ferite che le pallottole gli hanno lasciato. Un uomo che ha paura degli altri, e che abbassa timido lo sguardo davanti alla platea del pubblico commosso. Un film che accarezza la vita di questi migranti, venuti in Italia per lavorare e per crescere i loro bambini che scorrazzano sorridenti con la loro bici gialla al parco. E che si spera non siano del tutto consapevoli quando dicono "hanno sparato a mio padre", creando continue ferite nell'animo lacerato.

"Quando sono partito dal Senegal, mio nonno mi ha salutato dicendo: insegui sempre la conoscenza. Non ho perseguito l'avere, ma la virtute e conoscenza" dice Mohamed Ba, accoltellato e umiliato alla fermata dell'autobus solo per il colore della mia pelle e rimasto sanguinante su un marciapiede per un'ora intera, che ora vuole solo dimenticare l'uomo, il coltello e l'indifferenza delle autorità del Paese che avrebbe dovuto accoglierlo, ma hanno liquidato il suo caso come una lite tra africani finita male, lasciando impunito l'aggressore. 

Il film è un invito all'intercultura, alla conoscenza dell'altro, delle altre culture, alla ricchezza del mondo. "Io sono venuto qui per lavorare, non per fare la guerra". Non è certo con i coltelli che il mondo può diventare un posto migliore per tutti. 

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