Tuesday, May 18, 2010

The Pursuit of Happiness - RENA

Il 13 maggio scorso RENA è stata nuovamente protagonista di un evento organizzato nel contesto del TN2020 assieme a British Council, Ambasciate americana, canadese ed inglese in Italia ed al think tank Vision. Dopo l’evento del 6 febbraio scorso, incentrato sulle attuali relazioni transatlantiche, Villa Wolkonsky ha ospitato una serata incentrata sul tema della “ricerca della felicità”. Il chiaro riferimento ad una celebre frase della Dichiarazione d’Indipendnza degli Stati Uniti del 1776 ha costituito uno dei momenti di apertura dell’evento “The Pursuit of Happiness: ethics, politics and economics of the good life”, introdotto dall’Ambasciatore statunitense in Italia, Edward Chaplin.
La discussione si è poi sviluppata con due focus principali: “the economics of the good life” e “the ethics of politics and happiness”, includendo due panel distinti formati da relatori di diverse estrazioni, al fine di rendere ulteriormente stimolante il dibattito. Entrambi i panel sono stati moderati da Dennis Redmont, Head of communication, development and media al Council for the United States and Italy.

Tema principale del primo panel ha cercato di dare se non delle risposte, dei punti di vista sulle domande seguenti: una vita felice va al di là della ricchezza materiale? Una maggiore equità fa aumentare la felicità? Esiste una definizione globale di cosa significhi una vita felice? E’ possibile giudicare una società con parametri diversi dal PIL?
Mentre Francesco Grillo, Direttore di Vision, sottolineava il problema di dare una definizione globalmente accettata e riconosciuta di felicità, che da casi empirici non necessariamente si mostra legata ad una situazione di benessere materiale, il professor Wolkinson sottolineava, presentando un suo volume intolato in italiano “La misura dell’anima”, che è la diseguaglianza la madre di tutti i malesseri sociali, intesa come divario tra ricchi e poveri che quanto è maggiore tantopiù crea infelicità. E così Enrico Giovannini, presidente dell’ISTAT, ha concluso il panel spiegando all’audience iniziative come “Beyond GDP”, sostenuta da Commissione Europea, Parlamento Eurpeo, the Club of Rome, WWF e OECD e finalizzata a misurare il progresso, la vera ricchezza ed il benessere delle nazioni con indicatori altri rispetto al PIL, considerato come un indicatore riduttivo soprattutto in un momento storico in cui il focus si è spostato dalla crescita economica al benessere e dunque alla felicità.

Le domande su cui ha cercato di dare degli spunti il secondo panel invece erano: la felicità è un diritto o un dovere morale? Si tratta di uno sforzo collettivo oppure individuale? Gli stati dovrebbero ricercare la felicità? Come decidiamo a livello di comunità quali dovrebbero essere gli obiettivi comuni? L’architetto olandese Samir Bantal ha illustrato come gli sforzi di alcuni architetti di realizzare il sogno della città ideale, o utopia, si sia in genere rivelato un fallimento. Da Platone a More a Ledoux, fino all’iideologia urbana con la Bauhaus, Le Corbusier e Fourier si è assistito ad una corsa verso luna città sicuramente perfetta, ma concepita per un uomo inesistente. Megan Williams, giornalista canadese, ha espanso il concetto relativo a progetti “esterni” finalizzati alla creazione di una società migliore se non perfetta che generalmente non funzionano perchè l’uomo dev’essere artefice del proprio destino e sentire almeno l’ownership dei processi che lo riguardano. Reihan Salam, commentatore politico, scrittore e giornalista americano ha rimesso l’uomo al centro della ricerca verso la felicità, sottolineando che alla base di una vita appagante ci sono le relazioni umane. Commento conclusivo del giornalista e scrittore britannico Dan Hind, che ricorda, in un contesto in cui ci sono due scuole di pensiero, una secondo cui la felicità è determinata dall’intervento dello stato, una secndo cui ognuno ha il proprio approccio individuale ad essa, il concetto di “democrazia partecipativa”, in cui la felicità è una conseguenza di libere scelte.

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