Il Cairo mi accoglie con un abbraccio, del feteer ed una shisha cantaloupe. Mi accoglie in un aeroporto nuovo, ordinato, pulito, con un messaggio pubblicitario il cui slogan è una frase di Obama che dice: "We must educate our children to be like young Egyptian people". Il nuovo Egitto, quello post - rivoluzione. Quello che ha fatto conoscere il suono dgli uzi e delle mitraglie ai suoi giovani, quello che ha reso tutti orgogliosi di essere egiziani, molto più, se possibile, della vittoria consecutiva della Coppa d'Africa di calcio. Per il resto, è difficile percepire a prima vista dei cambiamenti. Piazza Tahrir non è quella che mostrava Al Jazeera qualche mese fa, ma la solita accozzaglia di vetture disordinate che cercano di percorrere, ognuna a modo proprio, la rotonda che porta il traffico verso le diverse aree della città.
I clacson riempiono l'aria e i matrimoni si festeggiano con abiti sontuosi e trucco pesante. I ragazzi di Maadi comunicano attraverso i loro smart phone ed il Nilo scorre sempre, con la sua placida tranquillità.
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