Tuesday, January 29, 2013

DRC

La mia esplorazione del continente africano comincia da un appartamento di via Barberini a Roma. L'Ambasciata della Repubblica Democratica del Congo, dove mi reco di buon'ora per chiedere un visto. A metà febbraio sarò infatti per qualche giorno a Kinshasa per una riunione di lavoro e mi devo organizzare per tempo. L'appartamento è caldo, non vedo finestre ma è accogliente. Un signore gentile ci invita a sederci per compilare i moduli necessari a richiedere il visto e noi ci mettiamo a scrivere ubbidienti, appoggiandoci su grossi tomi sulla cui copertina troneggia la figura del presidente con un braccio alzato ad indicare l'orizzonte. Su una parete, una foto enorme ritrae una diga costruita da una ditta italiana sul fiume Congo. Attorno a noi appaiono e scompaiono figure di suore minute e sorridenti, probabilmente in partenza per qualche missione. Nella sala d'attesa sono seduti due ragazzi congolesi in attesa del passaporto e cominciamo a chiacchierare un po' con loro. Ci raccontano del loro Paese, e scuotendo la testa mentre parlano dell'attuale situazione che la RDC sta affrontando laconicamente ci dicono che se il mondo è una giungla, in cui il leone mangia il più debole, il Congo è ora l'agnello dell'Africa. E parlando di leoni la conversazione si sposta sulla Libia, sul ruolo di Gheddafi in tutto il continente, non solo in Africa. "Cero, era un dittatore, ma dove lo trovi un paese in cui tutto è gratuito, dalla scuola alla sanità, persino le case! C'è chi s'è fatto la villa a Kinshasa, lavorando in Libia!". Ascolto ed annuisco, prendendo nota dell'interessante punto di vista. 

La conversazione tuttavia viene subito interrotta da un uomo dalla voce possente, che entra di corsa e non può trattenere la disperazione per il fatto che il Congo sia stato eliminato dalla Coppa d'Africa. Roba seria, il calcio. Seria dappertutto. E infatti lui non ce la fa, parla in francese stretto e poi traduce per noi, in modo che capiamo bene la portata della conversazione. Gli scappa pure una parolaccia in italiano, ma con fare da galantuomo garbato subito se ne scusa.

Proprio in quel momento veniamo chiamati in una stanza, per riprenderci i passaporti. Il visto è pronto, e noi siamo (quasi) pronti a partire.

No comments: