Sunday, January 20, 2013

San Nicola in Carcere

Anche oggi una pioggia insistente accompagna la nostra visita con ItineRoma. Fortunatamente la destinazione è una chiesa, San Nicola in Carcere, inclusi i suoi straordinari sotterranei. Per arrivare all'appuntamento mi perdo, perché sperando di prendere una scorciatoia mi trovo bloccata nell'area archeologica dei Fori. Nell'intento di circumnavigare il Campidoglio, scendo in via di Monte Tarpeo (da cui, scopro in seguito, venivano fatti precipitare i colpevoli di reati commessi contro lo stato) e mi immetto infine in Vico Jugario, che mi introduce a mia insaputa alla storia dell'area che andremo a visitare.
Ricostruire la storia di quei pochi metri quadri, fino alla discesa nelle viscere di San Nicola è davvero complicato. Se Vico Jugario mantiene ancora il suo antico nome latino (sembra che qui abbia vissuto addirittura Ovidio), la strada su cui si sbuca, via del Teatro Marcello, ha ben altre fattezze. Usciamo dai confini della Roma antica, delle botteghe e dei fori che il vico congiungeva (quello romano e quello olitorio) e ci troviamo non solo sbattuti nel traffico del 2013, ma anche nella concezione mussoliniana della città: ampie vie e palazzi imponenti e squadrati. Lì in mezzo, a distanza di un semaforo pedonale, si erge timida e un po' nuda la chiesa di San Nicola in Carcere, risparmiata chissà come dalla pulizia fascista che all'epoca distrusse (letteralmente) un intero quartiere residenziale di case e botteghe che circondavano la chiesa da tutti i lati, quasi a proteggerla. 
La facciata attuale è del 1.500, ma a guardarla bene bene, si capisce che in realtà cela un'antichissima struttura: le colonne inglobate in parte delle mura esterne infatti appartengono a uno dei tre templi che sorgevano esattamente in quel luogo dedicati rispettivamente a Giunone Sospita, Giano e Spes. All'interno la chiesa non colpisce particolarmente, a parte una riproduzione della celebre Madonna di Guadalupe, testimonianza dell'attuale culto mariano del luogo. 
Sotto l'altare, due rampe di scale conducono ai sotterranei: il custode che vi aprirà i cancelli è un ragazzo giovane, gentile e sorridente. Non solo: con certosina pazienza ha riprodotto in un modellino di legno i tre templi sul cui luogo è sorta la chiesa, che permette di capire molto bene l'originale struttura romana. 

Attorno, lapidi varie e non solo funerarie; una di esse infatti recita:" Leone XIII Pontefice Massimo concede chi celebra i divini misteri in questo altare la liberazione di un'anima del purgatorio", che fa riflettere sull'evoluzione di questo dogma cattolico. Un'altra, fa riferimento proprio al carcere di San Nicola, dando lo spunto per una maggiore comprensione del motivo per cui la chiesa porta questo nome. La dedica ad un santo proveniente dall'oriente si spiega con la presenza greca in quell'area, preposta agli scambi commerciali vista la prossimità al porto. Ciò è confermato anche da una cappella bizantina che si trova nell'area sotterranea, in cui ora riposano solo mucchietti di vecchie ossa. Il riferimento al carcere potrebbe essere sia un riferimento alla vita del santo, che al fatto che ci fosse stato effettivamente un carcere in quella zona, a cui fa riferimento Plinio. Carcere che fu poi distrutto per far spazio ad un tempio dedicato alla pietas, con riferimento ad una celebre leggenda di pietà filiale secondo cui una figlia salvò la vita al padre detenuto affamato nutrendolo con il proprio latte (scena raffigurata anche da Caravaggio). 

Più si scende, più ci si viaggia a ritroso nel tempo. E' infatti possibile passeggiare tra i resti di uno dei vicoli che separavano i tre templi, immaginare le botteghe e la frenetica vita che animava il mercato del Foro Olitorio. 

Se sarete fortunati, potrete anche salire sulla torre che affianca la chiesa a mo' di campanile (appartenuta alla famiglia dell'antipapa Anacleto II); da lì potrete sbirciare l'interno della chiesa, guardare gli affreschi sulla vita di San Nicola, rubare qualche foto del Circo Massimo dall'alto, abbracciare con un'occhiata l'Altare della patria e la sinagoga, e vedere come, facendo di necessità virtù, il pezzo meglio conservato del muro di uno dei templi, inglobato ora in quello della chiesa, sia ora utilizzato anche nel modo più utile per chi ci abita al momento: come appoggio per stendere i panni! 

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