Saturday, May 13, 2006

Fieri di essere Italiani

Faccio riferimento ad una lettera apparsa su Italians qualche giorno fa. Stefano Colangelo commenta la reazione che (quasi) tutti gli Italiani hanno di fronte agli stranieri: ci sentiamo poco rispettati perchè in fondo ci piace giocare la parte dei giocherelloni e gli altri popoli, quando vengono in contatto con noi, agiscono di conseguenza. La lettera di Colangelo riassume in poche righe dei motivi, a mio avviso validi, per ritenersi fieri di essere Italiani. Non perchè siamo furbi o simpatici ( luoghi comuni con i quali noi stessi ci ghettizziamo) ma - cito testualmente:
"Siamo il popolo che ha creato più arte al mondo (il 60% del patrimonio artistico mondiale è stato creato da italiani), siamo una potenza industriale senza aver fatto i parassiti in Africa come i francesi e gli inglesi o senza avere grandi risorse naturali come gli americani o tedeschi. E finiamola con questa commedia che gli italiani sono i furbetti del mondo. Girando per l'Europa ho trovato baristi spagnoli che facevano la cresta sul conto, baristi austriaci che ti costringevano a comprare a caro prezzo una bottiglietta d'acqua per utilizzare il bagno e poi si "scordavano" dello scontrino, e taxisti irlandesi che "sbagliavo" a leggere il taximetro. Per non parlare del comportamento poco civile degli americani e dei tedeschi in Italia. E allora perchè solo noi veniamo derisi? Perchè non abbiamo stima in noi stessi e diamo troppa confidenza allo straniero."

6 comments:

Anonymous said...

Sai, Stefano Colangelo ha un problemino con sé stesso... Non so se hai notato, ma in tutti i suoi interventi su Italians (io ne ho letti tre) si vede il suo mostruoso complesso di inferiorità nei confronti degli stranieri. La prima lettera sua parlava degli stranieri che vivono in Italia e che, secondo lui, non hanno il diritto di criticare il paese in cui vivono, perché i loro paesi d'origine non sono meglio. La seconda parlava dei giornalisti stranieri che non hanno il diritto di criticare l'Italia, perché i loro paesi d'origine non sono meglio. La terza parlava del Calciopoli e degli altri paesi che non hanno il diritto di criticare questa cosa, perché nei loro paesi le cose non sono perfette. Insomma, nessuno ha il diritto di criticare l'Italia ed esprimere le proprie opinioni sulle "questioni italiane"... ;-)

Chiara said...

L"IMPORTANZA DELL'AMBIENTE CHE CI CIRCONDA - Leggo sempre Italians ma gli altri interventi di Colangelo mi erano sfuggiti. Sarebbe interessante capire dove vive, se in Italia o all'estero e come si relaziona con "lo straniero". Un Italiano all'estero e' lui stesso "straniero", ma in maniera diversa sia egli turista o, come me, resisdente in un altro Paese. Fa differenza. Cambia la prospettiva.
Cosi' come ci sara' sicuramente una prospettiva diversa tra me, un'Italiana che vive in un Paese in via di sviluppo, con i disagi connessi che mi fanno apprezzare enormemente le comodita' di casa mia e un Italiano che vive che ne so, in Nord Europa, dove anche le esattorie sembrano delle spa, con candele rilassanti e mobili in legno di ciliegio.

Anonymous said...

Indubbiamente hai ragione, l'ambiente in cui viviamo influisce enormemente sul nostro modo di vedere la propria patria. Se ho capito bene dalla mia corrispondenza con Colangelo (devo dire, abbastanza accesa e a momenti antipatica), lui vive (ha vissuto?) in Irlanda. Non so come sono visti gli italiani lì, può darsi che ha avuto delle brutte esperienze e che ciò ha fatto sì che adesso Colangelo abbia bisogno di sfogarsi contro quelli che criticano il suo Paese. Ma secondo me non è assolutamente vero che l'Italia e gli italiani vengono derisi e criticati eccessivamente, su ogni paese ogni tanto si sentono e si leggono delle opinioni negative (perché non esistono paesi e nazioni perfette), barzellette ecc. ecc. Nessuno ce l'ha in modo particolare con gli italiani, con i francesi o con i cinesi, non credo che bisogni prendersela con quelli che "osano" esprimere un parere non del tutto positivo su di noi.:-)

Un caloroso saluto...anch'io sono una "straniera" nel paese in cui mi trovo.:-)

Anonymous said...

Mi hanno segnalato questo blog. Sono Stefano Colangelo. Quelle mie lettere non sono sintomo di un complesso di inferiorità come dice "dee" ragazza polacca ma solo segno di una fierezza che noi italiani dobbiamo assolutamente trovare in noi stessi. Certo non siamo perfetti ma una cosa la critica rispettosa un'altra cosa è la derisione. La ragazza polacca in questione(che poteva almeno avvertirmi del suo intervento polemico sul blog per permeetrni la risposta) affermava candidamente...E poi è vero voi italiani non avete senso civico e buttate le carte dovunque.." Questa affermazione qualunquista e generalizzata veniva respinta al mittente facendo notare che si potrebbe irnonizzare parecchio in Italia sugli strani comportamenti morali delle donne polacche in giro per la nostra nazione.
Ad una battuta qualunquista rispondevo nella stessa maniera ma la ragazza ha reagito dandomi del razzista ed altro insultandomi come essere inferiote ed ignorante. Lei può generalizzare ed io no? E perchè? Il rispetto deve essere reciproco e se una persona fa una battuta su un popolo deve accettare che si faccia altrettanto sul suo di popolo.
Vorrei comunque ricordare che per quelle e-mail ho ricevuto 3 critiche e 56 e-mail affettuosissime.

Cordiali saluti

P.S Il sistema sanitario pubblico italiano è migliore di quello inglese ed americano. Un pò di orgoglio per le cose italiane non guastebbe ,no?

Anonymous said...

Bear with me as my native Italian is not as proficient as for me to respond my opinion natively. I read Stefano's articles from time to time and in the spirit of journalism he's doing his job well, including the provoking of public opinions on matters such as this one.
I was born in Sicily, educated in California and industrialized in London for 16 years (now I'm back in California). I’ve also clocked an awful lot of miles, for pleasure and business, both in Europe, Middle East and the North America. This should give me enough credential for me to then share my opinion. People treat others in the same manner with which they are treated – regardless of who begins the dialog. Treating others beyond their expected level can mean mutual pleasure, affirmation, and possibly long standing friendship if not affection. Even in the presence of semi-derogatory remarks (Mafia, pizza, wop, etc.), a little patience and a gentle tongue can break the bones of cultural ignorance and arrogance. No country or group of people is perfect. That’s what makes the world so interesting and colorful. Viva la vita!

Anonymous said...

A mio avviso dobbiamo solamente ringraziare che in Italia esista ancora gente fiera di essere italiana.

In merito a ciò, cito Oriana Fallaci (me ne scuserete, se questo intervento sembrerà un po' troppo di parte)

[...]
Sto dicendoti che noi italiani non siamo nelle condizioni degli americani: mosaico di gruppi etnici e religiosi, guazzabuglio di mille culture, nel medesimo tempo aperti ad ogni invasione e capaci di respingerla. Sto dicendoti che, proprio perché è definita da molti secoli e molto precisa, la nostra identità culturale non può sopportare un' ondata migratoria composta da persone che in un modo o nell'altro vogliono cambiare il nostro sistema di vita. I nostri valori. Sto dicendoti che da noi non c'è posto per i muezzin, per i minareti, per i falsi astemi, per il loro fottuto Medioevo, per il loro fottuto chador. E se ci fosse, non glielo darei. Perché equivarrebbe a buttar via Dante Alighieri, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raffaello, il Rinascimento, il Risorgimento, la libertà che ci siamo bene o male conquistati, la nostra Patria. Significherebbe regalargli l'Italia. E io l'Italia non gliela regalo. *** Io sono italiana. Sbagliano gli sciocchi che mi credono ormai americana. Io la cittadinanza americana non l'ho mai chiesta. Anni fa un ambasciatore americano me la offrì sul Celebrity Status, e dopo averlo ringraziato gli risposi: «Sir, io all'America sono assai legata. Ci litigo sempre, la rimprovero sempre, eppure le sono profondamente legata. L'America è per me un amante anzi un marito al quale resterò sempre fedele. Ammesso che non mi faccia le corna. Voglio bene a questo marito. E non dimentico mai che se non si fosse scomodato a fare la guerra a Hitler e Mussolini, oggi parlerei tedesco. Non dimentico mai che se non avesse tenuto testa all' Unione Sovietica, oggi parlerei russo. Gli voglio bene e m'è simpatico. Mi piace ad esempio il fatto che quando arrivo a New York e porgo il passaporto col Certificato di Residenza, il doganiere mi dica con un gran sorriso: Welcome home. Benvenuta a casa. Mi sembra un gesto così generoso, così affettuoso. Inoltre mi ricorda che l'America è sempre stata il Refugium Peccatorum della gente senza patria. Ma io la patria ce l'ho già, Sir. La mia Patria è l'Italia, e l'Italia è la mia mamma. Sir, io amo l'Italia. E mi sembrerebbe di rinnegare la mia mamma a prendere la cittadinanza americana». Gli risposi anche che la mia lingua è l'italiano, che in italiano scrivo, che in inglese mi traduco e basta. Nello stesso spirito in cui mi traduco in francese, cioè sentendolo una lingua straniera. E poi gli risposi che quando ascolto l'Inno di Mameli mi commuovo. Che a udire quel Fratelli-d'Italia, l'Italia-s'è-desta, parapà-parapà-parapà, mi viene il nodo alla gola. Non mi accorgo nemmeno che come inno è bruttino. Penso solo: è l'inno della mia Patria. Del resto il nodo alla gola mi vien pure a guardare la bandiera bianca rossa e verde che sventola. Teppisti degli stadi a parte, s'intende. Io ho una bandiera bianca rossa e verde dell'Ottocento. Tutta piena di macchie, macchie di sangue, tutta rosa dai topi. E sebbene al centro vi sia lo stemma sabaudo (ma senza Cavour e senza Vittorio Emanuele II e senza Garibaldi che a quello stemma si inchinò noi l'Unità d'Italia non l'avremmo fatta), me la tengo come l'oro. La custodisco come un gioiello. Siamo morti per quel tricolore, Cristo! Impiccati, fucilati, decapitati. Ammazzati dagli austriaci, dal Papa, dal Duca di Modena, dai Borboni. Ci abbiamo fatto il Risorgimento, col quel tricolore. E l'Unità d'Italia, e la guerra sul Carso, e la Resistenza.
[...]
Naturalmente la mia patria, la mia Italia, non è l'Italia d'oggi. L'Italia godereccia, furbetta, volgare degli italiani che pensano solo ad andare in pensione prima dei cinquant'anni e che si appassionano solo per le vacanze all'estero o le partite di calcio. L'Italia cattiva, stupida, vigliacca, delle piccole iene che pur di stringere la mano a un divo o una diva di Hollywood venderebbero la figlia a un bordello di Beirut ma se i kamikaze di Usama Bin Laden riducono migliaia di newyorchesi a una montagna di cenere che sembra caffè macinato sghignazzan contenti bene-agli-americani-gli-sta-bene. L'Italia squallida, imbelle, senz'anima, dei partiti presuntuosi e incapaci che non sanno né vincere né perdere però sanno come incollare i grassi posteriori dei loro rappresentanti alla poltroncina di deputato o di ministro o di sindaco.
[...]
Non è nemmeno l'Italia dei giovani che avendo simili maestri affogano nell'ignoranza più scandalosa, nella superficialità più straziante, nel vuoto. Sicché agli errori di sintassi loro aggiungono gli errori di ortografia e se gli domandi chi erano i Carbonari, chi erano i liberali, chi era Silvio Pellico, chi era Mazzini, chi era Massimo D'Azeglio, chi era Cavour, chi era Vittorio Emanuele II, ti guardano con la pupilla spenta e la lingua pendula. Non sanno nulla al massimo sanno recitare la comoda parte degli aspiranti terroristi in tempo di pace e di democrazia, sventolare le bandiere nere, nasconder la faccia dietro i passamontagna, i piccoli sciocchi. Gli inetti. E tantomeno è l’Italia delle cicale che dopo aver letto questi appunti mi odieranno per aver scritto la verità. Tra una spaghettata e l’altra mi malediranno, mi augureranno d’essere uccisa dai loro protetti cioè da Usama Bin Laden. No, no: la mia Italia è un'Italia ideale. È l'Italia che sognavo da ragazzina, quando fui congedata dall'Esercito Italiano-Corpo Volontari della Libertà, ed ero piena di illusioni. Un'Italia seria, intelligente, dignitosa, coraggiosa, quindi meritevole di rispetto. E quest'Italia, un'Italia che c’è anche se viene zittita o irrisa o insultata, guai a chi me la tocca. Guai a chi me la ruba, guai a chi me la invade. Perché, che a invaderla siano i francesi di Napoleone o gli austriaci di Francesco Giuseppe o i tedeschi di Hitler o i compari di Usama Bin Laden, per me è lo stesso. Che per invaderla usino i cannoni o i gommoni, idem.




Scusatemi per la lunghezza di questo intervento, ma mi sembrava il caso di renderlo pubblico.