Tuesday, January 13, 2009

Sono di nuovo al cinema. Per la seconda volta in tre giorni. Questa volta vado con un'amica, mi siedo, guardo il film. La sala non è piena. Alla fine della proiezione, capita qualcosa di straordinario. Mentre di solito la gente comincia ad agitarsi, alzarsi, indossare giacche/berretti/guanti/sciarpe e quant'altro alla prima nota dei titoli di coda, alla fine di questo film tutti stanno seduti. Immobili. Fissano il vuoto.

Il film si intitola Valzer con Bashir.

E'un film che non lascia indifferenti. Di produzione israeliana; voci apparentemente fuori dal coro che portano dritte all'Oscar. Meritato, meritatissimo secondo me. Perchè è un film che mi ha fatto nascere pensieri e sensazioni che voglio provare a raccogliere.

1) La scelta del cartone animato credo sia azzeccatissima. Il protagonista, ex militare israeliano, ha vissuto in prima persona quel particolare episodio della guerra in Libano. Ma s'è scordato tutto. Fantasia e realtà si mescolano pericolosamente nella sua mente. Mondo reale e mondo onirico si fondono, e ciò viene rappresentato bene dallo strumento del disegno, che stende una patina di triste uniformità tra ciò che è davvero successo, e ciò che lui s'inventa. Peccato che quasi tutto ciò che il film narra, sia accaduto realmente.

2) Tremendo anche se in gran parte casuale il parallelo con l'attuale situazione vissuta dal Medio Oriente. La storia non insegna, gli errori sono sempre gli stessi, i pretesti pure, così come coloro che pagano a caro prezzo gli interessi politici altrui.

3) La guerra è cruda, tremenda, senz'anima. Chi muore sotto le bombe, non sa quasi mai perchè muore. Perchè qualcuno se la prende proprio con lui. Di solito, paga il conto degli errori commessi da qualcun altro, qualcuno che non ha mai conosciuto.
Chi spara, vorrebbe essere altrove. Ricrea una situazione normale o pseudo tale nella sua mente, la quale per istinto di sopravvivenza tende poi a dimenticare. Di solito esegue degli ordini che potrebbe anche non condividere. Ma la parola d'ordine è obbedire. Pochi esseri umani riescono a sopportare l'idea di aver ucciso. Droga, alcool e alienazione sono condizioni spesso essenziali per premere il grilletto. Però si può tirare avanti quando la guerra finisce. E' la sopravvivenza. Forse per la maggior parte degli esseri umani è quasi peggio la sofferenza degli animali. Ci si può assuefare alla morte dell'uomo e impazzire davanti all'agonia di un cavallo?

4) La morte attrae. La paura, la compassione, la curiosità, il sollievo di essere vivi si mescolano davanti allo spettacolo della morte. Le città che hanno visto il sangue scorrere a fiumi lasciano di stucco quando ci si torna a guerra finita e ci si rende conto che, lavato il sangue e seppelliti i morti, la vita va semplicemente avanti. Sopravvivenza. A Beirut come a Sarajevo, la gente ora passeggia tranquilla, ma i segni di ciò che è stato, sono ancora visibili. E i buchi sui muri, o i palazzi sventrati, portano con sè l'attrazione della morte. "Qui qualcuno ha sparato"..paura, compassione, curiosità e sollievo di essere vivi. Di esserne fuori.

5) Non vi aspettate un documentario. Il film mostra un punto di vista, da cui il protagonista, così come l'establishment israeliano, esce tutto sommato con la coscienza pulita. "Non l'hai premuto tu il grilletto";"Non è stato l'esercito israeliano a commettere il massacro di Sabra e Shatila, ma i cristiani falangisti, che con la punta delle baionette provocavano sul petto dei profughi profonde ferite a forma di croce". D'altronde il regista lo ammette: è un film dalla funzione terapeutica, per chi come lui ha subito il trauma di essere, comunque, là. Mentre l'allora Ministro alla Difesa Sharon, secondo il film, se ne stava beato e rifocillato a riposare, nel suo tranquillo ranch di campagna. Comunque consapevole e connivente.

Alla fine, davvero non è importante sapere chi ha materialmente premuto il grilletto.

3 comments:

Anna P. said...

...ho visto gli stessi film nella stessa sequenza ...e non avrei saputo descrivere meglio le sensazioni che hanno suscitato in me! Vengo a "leggerti" spesso, complimenti :)!

Chiara said...

Grazie Anna!

Unknown said...

vero: gli israeliani ne escono puliti, che nonostante il film sia ottimo, come noti tu, e' la cosa che lascia esterrefatti. come se tutto il "problema" di Sabra e Chatila fosse stato solo un fatto di non corretta comunicazione tra i "cerchi" di cui parla il regista, tra le catene di comando militari. e infatti e' un militare israeliano che fa smettere lo scempio.
tentativo coraggioso, walts with bashir, di paragonare Sabra e Chatila ad Aushwitz. Ma poi dice anche: i palestinesi nei campi profughi hanno le case con un cortile sul retro, coem se fossero dei villaggi valtour. e non e' vero, e non va bene.
di Sharon che allora era ministro della difesa non fa menzione ... almeno non nella versione che passano in america ...
su tutti gli altri commenti mi trovi d'accordo. e il tuo blog e' come sempre interessante e ben scritto.