Thursday, May 07, 2009

Il tabù della guerra

Anche alla luce dei recenti avvenimenti in Afghanistan (100 morti, quasi tutti civili, a causa di un raid americano) consiglio vivamente la lettura della rubrica di Caracciolo su Limes, di cui riporto un breve estratto:

"Forse nemmeno la tragedia che si è consumata ieri presso Herat, dove nostri militari - in circostanze che vorremmo subito chiarite - hanno ucciso per errore una bambina di tredici anni, basterà a rompere il tabù che ci impedisce di dire a noi stessi cosa stiamo facendo in terra afghana. La guerra, appunto. Una guerra che rischiamo di perdere, insieme agli americani e agli altri alleati. Ma in cui abbiamo già perso la faccia, non avendo il coraggio di chiamare guerra la guerra. E di spiegare perché ne siamo parte, in vista di quali obiettivi."

"L’Italia è un paese sovrano che può decidere se combattere o meno una guerra, dopo averne discusso come si conviene in democrazia. Ma quando mandiamo nostri soldati al fronte, spesso ci preoccupiamo più di come travestire la missione che di definirne scopi e strumenti. (...) Pare che a Herat, ieri, la pioggia fosse talmente fitta da ridurre al minimo la visibilità. Ma all’origine di quella tragedia non c’era solo l’oscurità meteorologica. C’era - e resta - anche la foschia che noi stessi abbiamo sparso attorno ai nostri soldati, ai loro compiti e ai mezzi di cui dovrebbero disporre per eseguirli. Se non disperderemo questa nebbia strategica, continueremo a pagarne le conseguenze. E a farle pagare a chi non vorremmo

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