Thursday, September 20, 2012

We refuse to live in fear

Da un articolo pubblicato su Meridiani:


Senza un chiaro e presente nemico, gli Stati Uniti sembrano destinati più al declino che alla crescita. Si ritrovano ad essere superpotenza, ma senza una missione globale che possa permettergli di esprimere tutto il suo potenziale, militare ma anche politico, quel ruolo di guida che è stato caratterizzante di tutto il periodo della Guerra Fredda. Quando i terroristi di Al Qaeda innescarono la scintilla, provocando l’inevitabile reazione statunitense spinta dall’unanime sostegno delle varie compagini europee, l’America si ritrovò strong once again, forte un’altra volta ancora.
Persino Le Monde, notoriamente scettico verso le politiche Usa, titolò in prima pagina “We are all Americans”. Così facendo l’allora presidente George W. Bush potette elaborare la sua dottrina, plasmata sul modello Reagan, forte del sostegno europeo di fronte alla prospettiva di avere un comune nemico da fronteggiare e sconfiggere. Esattamente come ai tempi della Guerra Fredda, gli Stati Uniti ritrovano il loro ruolo e la loro posizione. Andarono a riempire il vuoto strategico lasciato dal crollo dell’Unione Sovietica e dall’impossibilità di dare un nome e un volto alla minaccia.
Oggi terrorismo, ieri comunismo. Quello che negli anni ‘80 Reagan definiva “empire of evil”(impero del male), Bush lo definisce “axis of evil” (asse del male). L’effetto rievocativo è sensazionale. La miscela esplosiva fatta di patriottismo, sicurezza e promozione della democrazia funziona, e rimette in moto la potente macchina globale per troppo tempo lasciata senza una guida. Adesso che gli Stati Uniti sono saldamente di nuovo seduti ai posti di comando, quello che Lundestad definisce letteralmente posto di guida”, si può tornare a ragionare da “America” e imporre la propria visione del mondo esportando democrazia a suon di bombe e a colpi di proiettili.

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